14 febbraio 2010 - Copia - Paolo Puliti organista

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Il Vangelo della domenica

14 febbraio 2010

- anno C -




Lc 6,17.20-26
Beati i poveri. Guai a voi, ricchi.


+ In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».




Felicità. Una parola che rimane desiderio di una vita. In tanti si sono chiesti e si chiedono se la felicità esiste. Le risposte, sono valanga, da un secolo all'altro. Differenziate e opposte. Qualcuno ha provato a descriverla, tipo: "Felicità è tenersi per mano e andare lontano…"  o "pioggia di notte, l'acqua che batte…"
Momenti, forse; non un brivido permanente di felicità. Sartre scrisse, nel lontano 1938, "La nausea". Già il titolo dice tutto e ha fatto scuola.
La sete di felicità c'è e si cerca di saziarla in tanti modi. Forse anche la droga, l'alcool ecc. sono strade offerte per essere in qualche modo felici.
"L'attimo fuggente" di Goethe non è segno anche quello di un desiderio di realizzazione personale e di infinito che intriga l'uomo?
Oggi il Vangelo garantisce una felicità sconvolgente e 'scandalosa' dichiarando "Beati" i poveri, gli afflitti, i perseguitati. Tutto con un  "perché".  Sì, perché se poveri, 'vostro è il Regno dei cieli'. Se affamati o nel pianto, 'sarete saziati' e 'riderete'. Se perseguitati, ci sarà 'una ricompensa grande nei cieli' .
Ma la parola del Signore si fa tremendamente severa per  i ricchi e chi se la spassa.
C'è un "guai!" che fa paura. Che vuol richiamare ad atteggiamenti di carità e fraternità perché il giudizio non colpisca se non si vuol ascoltare e cambiare.
Certo, di fronte a questa pagina o rifiutiamo tutto o ci convertiamo. Il Maestro ci invita ad un'inversione a "U" rispetto alla nostra mentalità terra-terra. Non vuole che si cerchino fame, afflizione, persecuzione;  chiede solo che se qualcuna di queste esperienze si incrociasse con la nostra vita,  ricordiamo che c'è per noi un grande "perché…" spalancato su scenari  di gloria e di festa.
Il Signore non vuole che l'uomo soffra per il gusto di soffrire. Propone solo che la sofferenza, di nome croce, si viva scommettendo su di Lui, fidandoci totalmente della sua promessa. Nel Vangelo per ben 55 volte ci imbattiamo in un canto di esultanza: felici, "beati", come a suggerire segreti sicuri di gioia.
La Chiesa, allora,  più che muoversi fra divieti e condanne, sarebbe bello che  diventasse sempre più  "Chiesa delle beatitudini", segno stupendo di luce sul monte.
Ne i "fratelli Karamazov" , Dostoevskij fa dire a un personaggio: "…è Dio che dà la gioia, è questo il suo sublime privilegio…Viva Dio e la sua gioia. Io sento amore per Lui".



Gualtiero Sollazzi


Webmaster: Paolo Puliti Collaborazione: Federica Frediani
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